“Piccole” donne crescono. E in Africa fanno la differenza

In tutta l’Africa le donne sono in marcia. Ogni giorno si alzano la mattina presto ed escono di casa, pronte a percorrere un lungo cammino. Può essere un sentiero che porta a una fonte dove prendere l’acqua o una mulattiera che arriva a un mercato dove vendere e comprare frutta e ortaggi. Ma può anche trattarsi della tortuosa e difficile strada verso l’abolizione delle discriminazioni di genere, il riconoscimento dei propri diritti e la partecipazione democratica alla vita politica e sociale del proprio Paese. In ogni caso, grazie al loro passo determinato il continente potrà arrivare lontano e lasciarsi alle spalle secoli di oppressione e povertà.

Ormai da molti anni il coraggio delle donne africane viene raccontato quasi quotidianamente da documentari, mostre fotografiche, articoli di giornale, servizi televisivi e radiofonici. L’immagine di una donna nera che con un cesta in testa e una giara sotto braccio cammina in un paesaggio brullo sotto il sole cocente tenendo un bambino per mano è entrata nell’immaginario collettivo dell’intero pianeta, divenendo il simbolo di una lotta incessante, che dall’alba al tramonto, sette giorni su sette, le abitanti del continente portano avanti per la sopravvivenza. Non solo la propria, ma anche quella dei loro figli e dei loro mariti. 

L’arretratezza economica e sociale dei Paesi in cui vivono e la discriminazione di cui sono state vittime per centinaia di anni non hanno impedito alle donne africane di prendere consapevolezza delle proprie capacità, dei propri diritti e dei propri doveri verso la comunità di appartenenza, alla vita della quale partecipano con crescente protagonismo, partendo dai piccoli villaggi di sperdute province fino ad arrivare ai vertici delle grandi organizzazioni internazionali.

Negli ultimi dodici mesi questo lento ma costante cammino verso l’emancipazione e l’affermazione della propria identità ha conosciuto una forte accelerata grazie al valore e alla tenacia di donne come Ellen Johnson Sirleaf, Leymah Gbowee e Tawakkul Karman, vincitrici del Premio Nobel per la pace (conferito “per la loro lotta non violenta per la sicurezza delle donne e per i diritti di partecipazione delle donne in un processo di pace”), Joyce Banda, divenuta presidente del Malawi e Nkosazana Dhlamini-Zuma, eletta presidente della Commissione dell’Unione africana.

Colte, preparate e brillanti, queste donne hanno avuto la fortuna di studiare e di crescere in contesti sotto molti punti di vista privilegiati rispetto a quello di molte loro conterranee. Eppure, seppure non si tratta di una cesta, anche loro portano un peso sulle spalle: la consapevolezza di dover fare il possibile, con ogni mezzo, per migliorare le condizioni di vita di tutte le altre.

I loro nomi rappresentano il cambiamento che oggi sta maturando nella società africana. E Il loro cammino, per fortuna, non è un viaggio in solitaria, è un percorso che si regge sugli sforzi di tutte le donne africane, sui loro piccoli gesti e sul loro grande impegno, per dare alla loro terra, all’Africa, un futuro fatto di democrazia, rispetto reciproco e prosperità.

Jennifer Zocchi