L’Africa inizia a camminare con le sue gambe

Chi fa da sé fa per tre. O magari, se ancora non è proprio del tutto indipendente, sta cominciando a muovere passi importanti sulla strada della completa emancipazione. Dopo anni di stretta dipendenza dagli aiuti stranieri, il numero di Paesi africani che ha iniziato a prendere le distanze da questo genere di assistenza è oggi in continua crescita, tanto che, come rivela l’African economic outlook 2011, circa un terzo degli Stati del continente riceve attualmente sovvenzioni inferiori al 10 per cento del proprio gettito fiscale.

Dall’Algeria alla Guinea Equatoriale, dal Gabon alla Libia, negli ultimi anni l’Africa è riuscita ad aumentare le tasse pro capite di una media di 441 dollari all’anno per ogni abitante, a fronte di aiuti che si sono ormai attestati intorno ai 41 dollari pro capite. Detto in altre parole, gli africani hanno cominciato a pagare di tasca propria quei beni e quei servizi che una volta venivano elargiti dai Paesi occidentali sotto forma di finanziamenti per la costruzione di strade, ospedali e di tutte le altre infrastrutture necessarie alla collettività. E dove prima c’era bisogno di aiuto, ora si riesce sempre più spesso a farne a meno e a stare in piedi sulle proprie gambe. 

Il Mozambico, ad esempio, ha potuto quasi raddoppiare le sue entrate fiscali; la Liberia le ha viste lievitare dal 6 al 20 per cento; il Botswana ha sperimentato un incremento senza precedenti degli introiti nelle casse nazionali.

Accanto a questi Paesi ve ne sono poi altri che, pur continuando a ricevere sostanziosi aiuti dall’esterno, sono riusciti comunque a incrementare in maniera significativa gli investimenti diretti esteri, come il Kenya, che ha usato i finanziamenti dei donatori per ammodernare la sua rete stradale, aumentando così il valore del suo patrimonio immobiliare, o l’Uganda, che ha puntato molto sulle telecomunicazioni, l’edilizia e le istituzioni finanziarie, settori dominati dagli investitori privati da cui proviene oggi il 54 per cento del suo Pil.

Il risultato è che allo stato dei fatti su 54 Stati africani, gli aiuti stranieri superano le tasse solo in 12, afflitti da estrema povertà. Anche questa situazione, però, potrebbe presto cambiare grazie alla Strategia per lo sviluppo accelerato e la riduzione della povertà (Adprs), un piano di intervento elaborato dai governi delle regioni occidentali per sostenere la crescita del settore privato nelle zone più povere del continente.  

Quello che serve all’Africa, insomma, non è una zattera di salvataggio, ma un corso di nuoto accelerato per imparare a stare a galla con le proprie forze. E ora che anche i governi africani lo hanno capito, la possibilità di vincere la sfida dell’indipendenza è solo questione di tempo. 

Jennifer Zocchi