La ricchezza delle migrazioni. Cosa succede se si coniugano Adam Smith e l’incontro con l’altro

Ogni giorno li incontriamo per strada andando in ufficio, tornando a casa o girando tra gli scaffali del supermercato. Li vediamo sui mezzi pubblici, in palestra e sempre più spesso anche al cinema e in biblioteca. I nostri figli condividono con loro le aule scolastiche, i parchi giochi e gli altri luoghi di aggregazione frequentati dai più giovani.

Nonostante la crisi, continua a cresce in Italia il numero degli immigrati. L’ultimo Dossier statistico della Caritas e della Fondazione Migrantes riporta cifre e dati dettagliati di questa complessa e sfaccettata realtà. Ricordandoci però che le persone giunte nel nostro Paese non sono numeri, ma uomini, donne, bambini, giovani e anziani con i loro problemi e le loro necessità, pieni di speranze e di timori, spesso in difficoltà economiche eppure ricchi di storie da raccontare ed esperienze da condividere.

Nel suo celebre saggio La ricchezza delle nazioni, il filosofo ed economista Adam Smith teorizzò per la prima volta che la vera fonte di prosperità di uno Stato non fosse rappresentata dal numero di lingotti d’oro accumulati nei suoi forzieri, ma dalla quantità di lavoro che quel Paese era in grado di generare. Oggi a quattro secoli di distanza (la prima edizione del libro risale al 1776), l’assunto del pensatore scozzese acquista nuovo valore e significato se lo si analizza alla luce di uno dei connotati essenziali del nostro tempo: la crescita dei flussi migratori. 

Un Paese in cui si incontrano persone con culture, lingue, credenze e valori diversi è potenzialmente un Paese più ricco di uno Stato isolato, con confini chiusi e una popolazione omogenea. L’incontro con “l’altro”, infatti, conduce in maniera inevitabile al confronto, da cui nel lungo periodo deriva necessariamente un arricchimento.

Il dossier della Caritas (www.caritasitaliana.it) e della Fondazione Migrantes (www.migrantes.it) mostra come in Italia questo processo sia già in atto. Rispetto al 2010, il numero dei migranti che vive nel nostro Paese è aumentato sensibilmente, passando da 4.968.000 a 5.011.000. Tra questi i migranti comunitari sono 1 milione e 373mila, per l’87% provenienti da 12 Stati membri dell’Unione europea. L’Europa si conferma l’area geografica da cui proviene la maggior parte degli immigrati (il 27,4% viene dall’Ue, il 23,4% da Paesi non membri), seguita da Africa (22,1%), Asia (18,8%) e Americhe (8,3%). 

Osservando la nazionalità dei migranti è facile notare che tra gli europei non comunitari (in tutto 1 milione e 171mila) i più numerosi sono gli albanesi (491mila), cui si accodano ucraini e moldavi. Per il continente africano, invece, i marocchini sono la collettività più grande: le oltre 500mila presenze, rendono questo gruppo il più numeroso tra tutti i non comunitari. Altre comunità numericamente rilevanti provengono da Tunisia, Egitto, Senegal, Nigeria e Ghana. Complessivamente le persone provenienti dall’Africa che vivono in Italia sono 1.105.826. 

Partendo da queste cifre il rapporto appena pubblicato sottolinea che, contrariamente ad alcuni dei pregiudizi più comuni, l’impatto delle migrazioni sulla crisi che l’Italia sta attraversando è stato assolutamente positivo. Il contributo fornito dagli immigrati in settori come l’edilizia, i trasporti, e in generale i lavori a forte manovalanza è stato da questo punto di vista fondamentale per la produttività, e, mentre la disoccupazione cresce da Nord a Sud, il settore agricolo ha addirittura fatto registrare per i migranti un saldo occupazionale positivo.

Gli stranieri, insomma, lungi dal rappresentare un problema, ci stanno dando una mano in un momento di grande difficoltà. Tendergli la nostra, a questo punto, è un gesto necessario. Che ci arricchirà tutti.

Jennifer Zocchi