Luci ed ombre della cooperazione italiana allo sviluppo

Una fotografia dettagliata della cooperazione italiana allo sviluppo, fatta di numeri, statistiche, cifre e percentuali. Un quadro da cui emergono in maniera chiara le luci e le ombre dell’impegno del nostro Paese nell’aiuto agli Stati meno avanzati e bisognosi di sostegno. A fornirla è il Comitato di aiuto allo sviluppo dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che come ogni anno ha presentato a dicembre un rapporto sull’aiuto pubblico allo sviluppo fornito dall’Italia nel corso dell’anno passato.

Nell’era della globalizzazione problemi come la povertà, la discriminazione di genere o l’inquinamento ambientale non tengono conto delle frontiere nazionali e per essere trattati richiedono una collaborazione solidale tra tutti i Paesi, i popoli e le organizzazioni della comunità internazionale. L’assistenza allo sviluppo fornita da ogni singolo Stato gioca quindi un ruolo fondamentale, in un contesto in cui solo concentrando le forze e coordinando gli sforzi si possono ottenere risultati duraturi e significativi.

In questo quadro, il primo dato relativo all’Italia che emerge dal dossier del Dac/Ocse è purtroppo negativo: rispetto al 2009, infatti, l’ammontare complessivo degli aiuti erogati è calato del 5,1 per cento. Un passo avanti è invece stato fatto nella percentuale di aiuti erogati su quelli complessivamente promessi: l’anno scorso sono mancati all’appello 297 milioni, contro i 400 del 2009.

Analizzando i settori di intervento, il rapporto individua i primi cinque  su cui si concentrano i finanziamenti: l’istruzione, gli  interventi sociali multisettoriali, l’aiuto umanitario, la sanità, l’accesso all’acqua e il sostegno alla governance e alla società civile. A crescere rispetto al passato sono stati sia gli investimenti per lo sviluppo industriale sia quelli per l’accesso all’acqua, mentre si è registrato un forte disinvestimento in agricoltura, con una riduzione in termini assoluti del 79 per cento.

A fronte di questi numeri, della notevole incertezza che caratterizza l’attuale fase economica e del sostanziale rallentamento dei ritmi di crescita di tutti i Paesi, la possibilità che l’Italia, come altri Stati, decida ulteriori tagli ai finanziamenti allo sviluppo è tutt’altro che remota.

Quello che serve è invece l’adozione di politiche di cooperazione lungimiranti, capaci di guardare oltre il momento presente e di considerare gli aiuti concessi ai Paesi terzi nel momento del bisogno non come spese, ma come investimenti. Nella convinzione che solo condividendo e coordinando gli sforzi si possa costruire un futuro il cui il termine “aiuto” sarà usato da tutti e per tutti.

Jennifer Zocchi