Obiettivi di sviluppo del millennio, migliora la salute materna e infantile nel mondo

Meno quattro all’ora X. Il 2015 si avvicina e ormai solo una manciata di anni separa la comunità internazionale dalla data scelta dalle Nazioni unite come termine ultimo per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio.
Negli undici anni trascorsi dal settembre del 2000, quando l’Assemblea generale dell’Onu adottò la Dichiarazione del millennio, l’impegno profuso da governi, organizzazioni internazionali, associazioni ed ong nella lotta alla povertà, alla mortalità infantile e materna, all’analfabetismo e alla disparità tra i sessi non ha sempre mostrato quella costanza e quella coordinazione che sarebbero state necessarie al conseguimento degli ambiziosi risultati prefissati.

Nonostante tutto, però, progressi significativi e nient’affatto trascurabili sono stati raggiunti in una serie di settori chiave, dalla salute materno-infantile allo sviluppo di sistemi scolastici ed educativi sempre più efficaci e diffusi.
La rivista The Lancet ha appena pubblicato uno studio che rappresenta una sorta di bilancio rispetto agli Obiettivi fissati dall’Onu per il 2015. Autori dell’analisi sono Rafael Lozano e Christopher Murray dell’università di Washington, che analizzando nel dettaglio i passi concreti compiuti verso il raggiungimento dei Millenium Goals hanno tracciato un quadro meno negativo di quello che molti osservatori internazionali si sarebbero aspettati.

Il calo della mortalità infantile e materna. Secondo i dati dei due ricercatori, i progressi più importanti sono stati raggiunti sul fronte della salute materno-infantile. In 125 Paesi la mortalità materna è scesa costantemente e in misura consistente a partire dal 2000, con miglioramenti particolarmente positivi nell’ultimo quinquennio. A partire dal 2005 infatti, il numero di donne morte per dare alla luce un figlio è sceso di oltre 73mila unità, sebbene con differenze tra le varie nazioni: il 28,6 per cento di questo declino è avvenuto in India, mentre Etiopia, Pakistan, Nigeria, Indonesia, Cina e Afghanistan hanno contribuito per il 32 per cento.
Nello stesso lasso di tempo, in 106 Stati il numero di bambini morti nei primi anni di vita si è ridotto drasticamente, e i decessi legati alla gravidanza e al parto sono passati da circa 409mila nel 1990 a poco più di 270mila nel 2011. Anche la lotta alla mortalità infantile ha fatto registrare buoni i risultati: se nel 1990 erano 11 milioni i neonati che perdevano la vita poco dopo il parto, ora il loro numero si è ridotto a 7 milioni. Anche in questo caso il progresso non è stato uniforme: in Cambogia, Ecuador, Ruanda, Vietnam e Malesia la mortalità tra i bambini con meno di cinque anni di vita è scesa del 5% ogni anno e anche di più, mentre a livello globale il declino è stato del 2,6 per cento.

L’istruzione e i programmi sanitari fanno la differenza. Per gli autori dell’analisi i positivi risultati raggiunti devono essere collegati direttamente agli sforzi compiuti per l’istruzione delle donne, la prevenzione delle malattie infettive e l’implementazione dei programmi sanitari. Una parte significativa del declino nella mortalità materno-infantile è poi legata al miglioramento della prevenzione del trattamento dell’Hiv/Aids, alla diffusione di zanzariere trattate con insetticida nelle aree dove è diffusa la malaria e agli investimenti nelle strutture ospedaliere e di assistenza. “La riduzione della mortalità infantile è legata a molti fattori, in particolare a un maggiore accesso ai servizi sanitari in tutto il periodo neonatale”, ha ricordato recentemente Margaret Chan, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità. “Questa è la prova che investire nella salute dei bambini è denaro ben speso. Abbiamo bisogno di accelerare gli investimenti nei prossimi anni”.

Jennifer Zocchi