Lo scorso gennaio il popolo egiziano, al limite di ogni sopportazione e spinto dal desiderio di rinnovamento politico e sociale, è insorto contro il regime del presidente Hosni Mubarak. I media, puntuali, hanno descritto la sommossa già ribattezzata come la "Rivoluzione del Nilo".
Ma in situazioni come queste ci sono storie che spesso non vengono raccontate. Storie che rappresentano il prezzo più alto della rivolta, quello scontato sulla pelle innocente dei bambini. Se ne contano cinquantamila lungo le strade del Cairo e lo scrive con forza sul sito di Aljazeera Andrew Wander, media manager di Save the Children.
Si tratta di bambini abbandonati ai disordini, attratti dalla possibilità di far parte di qualcosa di eccitante come la festa in Piazza Tahrir, simbolo delle proteste contro il dittatore, e invece rimasti travolti dagli scoppi della violenza. Lasciati senza riparo, senza cibo, senza assistenza, in balia degli scontri tra fazioni politiche rivali.
Tra questi spicca il dramma del sedicenne Ismail. Wander afferma che "è morto come è vissuto, nell'ombra, ucciso da un cecchino ignoto per motivi ignoti, un altro numero nella statistica anonima della generazione perduta dei bambini di strada egiziani. Da due settimane il suo corpo è nella morgue di un ospedale. Nessuno l'ha cercato, nessuno si è fatto avanti per dargli sepoltura". E in questa storia, l'angoscia infinita è quella della morte di un innocente.
Ma c’è un altro problema che Wander solleva, e non è secondario: il mancato possesso dei documenti di identità, passaporto per l'accesso al diritto all'istruzione, alla sanità e alla rappresentanza legale in caso di detenzione. Ismail non ne aveva e come lui ne sono privi altri ragazzi. Da un lato lo Stato rifiuta loro il rilascio dei documenti, dall'altro li punisce se non li posseggono. "Ne consegue - continua il responsabile dei rapporti con i media di Save the Children - che questi bambini vulnerabili sono bloccati dalla società egiziana e derubati di ogni speranza di sollevare se stessi dalla povertà disperata che li condanna a una vita caotica per strada".
Gli avvenimenti ancora in corso potrebbero rappresentare un cambiamento in positivo per situazioni drammatiche e difficili come queste. E così, nelle ultime righe della testimonianza di Wander si legge uno spiraglio di fiducia verso il futuro: "i manifestanti hanno parlato di una nuova epoca di solidarietà nazionale, di diritti, di riprendere in mano la propria vita. Ora il Paese ha l'opportunità di mettere in pratica queste idee così nobili, in modo che nessuno, nemmeno tra i più poveri, sia lasciato indietro. È un'occasione anche per questi bambini, dimenticati dal sistema e ignorati da gran parte della società".