Africa sub-sahariana, scompaiono le zanzare che diffondono la malaria

Di per sé è una buona notizia, anche se, non essendo ancora chiarite le sue cause, il fenomeno potrebbe nascondere conseguenze negative. In alcuni Paesi dell’Africa sub-sahariana il numero di zanzare che trasmettono la malaria si è ridotto drasticamente negli ultimi anni. A rivelarlo è uno studio condotto da alcuni ricercatori della Danimarca e della Tanzania e pubblicato sulla rivista specializzata Malaria Journal.

La ricerca. Attraverso dai raccolti in oltre dieci anni di attività, passati a catturare e analizzare insetti nella regione africana a sud del grande deserto, gli scienziati hanno mostrato come la quantità di zanzare che veicolano la malattia sia andato progressivamente calando a partire dal 2004 in Tanzania, Eritrea, Ruanda, Kenya e Zambia, dove l’incidenza del morbo è andata riducendosi velocemente.

Le cause. Al di là del dato quantitativo, gli esperti hanno provato a ragionare sulle ragioni di questa diminuzione, senza tuttavia trovare risposte soddisfacenti. L’effettiva implementazione di programmi di controllo e prevenzione (basati principalmente sulla diffusione di zanzariere e insetticidi) non basterebbe infatti secondo gli studiosi a spiegare la scomparsa delle zanzare. Anche perché, in base a una ricerca dell’Institut de recherche pour le developpement di Dakar appena pubblicata sul Lancet Infectious Diseases, gli insetti hanno iniziato a sviluppare una resistenza crescente alle sostanze chimiche usate contro di loro. L’analisi rivela infatti che la percentuale di zanzare resistenti alla deltametrina, uno degli agenti anti-insetto più diffusi, è ormai del 37 per cento, e che tra il 2007 e il 2010 la proporzione di zanzare geneticamente resistenti a un insetticida è aumenta dall’8 al 48 per cento.

Le ipotesi. Una delle ipotesi avanzate dai ricercato danesi e tanzani è che i cambiamenti climatici, in particolare le piogge fuori stagione, potrebbero aver disturbato il ciclo di sviluppo degli insetti, riducendone la popolazione. “Ma si pensa anche - ha spiegato il professor Dan Meyrowitsch dell’università di Copenaghen - a una malattia tra le zanzare, un fungo o un virus”. In ogni caso il fenomeno deve essere studiato con maggiore attenzione, in modo da poterne individuare le esatte cause. Come evidenziato da Meyrowitsch, il rischio è infatti che gli insetti possano tornare in futuro a crescere. “In questo caso - ha sottolineato lo studioso - avremo probabilmente un’epidemia di malaria con un livello di mortalità più elevato della media tra i bambini che non sono stati esposti alla malattia negli ultimi 5 o 6 anni, quando le zanzare hanno cominciato a diminuire”.

La situazione nel mondo. Ogni anno almeno 500 milioni di persone vengono infettate in tutto il mondo dalla malaria. Tra queste il 90 per cento circa vive in Africa, dove la malattia uccide un bambino ogni 30 secondi.
In molti Paesi del continente l’infezione malarica è considerata il nemico numero uno della salute pubblica, mancando le risorse e le infrastrutture necessarie a organizzare campagne antimalaria e a garantire le cure alle persone colpite da questa forma di parassitosi. Inoltre il morbo rappresenta un ostacolo concreto allo sviluppo economico: gli esperti calcolano che negli stati dove è più diffusa, la malaria sia responsabile di una penalizzazione nella crescita pari a circa l’1,3 per cento del Pil ogni anno, con costi che arrivano a rappresentare il 40 per cento delle spese sanitarie pubbliche complessive (di cui il 30-50 per cento per pazienti ospedalizzati e il 50 per cento per le visite a quelli esterni). A questi effetti negativi devono aggiungersi infine quelli prodotti sulle risorse umane del continente: vite perdute, ostacoli all’educazione dei bambini e allo sviluppo sociale, riduzione della produttività, tutti collegati all’invalidità temporanea o definitiva che l’affezione porta con sé.

I programmi di cura e prevenzione. Consapevoli delle gravi conseguenze collegate alla presenza della malaria, alcuni Paesi africani hanno avviato da tempo programmi specifici per contrastare la diffusione della malattia. Tali programmi sono sempre più spesso considerati come un cardine delle strategie per la riduzione della povertà messe in campo dal continente, anche se proprio quello della povertà resta il principale ostacolo alla possibilità di adottare misure efficaci contro una piaga che, malgrado i numerosi passi avanti compiuti, fino ad oggi non è stato possibile debellare.

Jennifer Zocchi