Corno d’Africa, siamo a metà dell’opera. Il punto sulla riduzione dell’emergenza

Quando metà di un’opera è stata realizzata, si può tirare un sospiro di sollievo e affermare che manca solo il 50 per cento del lavoro per vederla completata. Altrettanto legittimamente, però, si può sostenere che si è solo arrivati nel punto centrale di un cammino, e che se tanta è stata la strada percorsa, altrettanta ne resta ancora da fare. La grave siccità che ha colpito il Corno d’Africa negli ultimi mesi offre un eccellente esempio della storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. A seconda di come si osserva la situazione degli aiuti che provengono dalla comunità internazionale, si può parlare di un parziale successo o, al contrario, di un parziale fiasco.

L’emergenza in cifre. Ormai quasi ogni giorno un’agenzia delle Nazioni unite o un’organizzazione umanitaria si fa portavoce di una delle maggiori crisi che abbia mai colpito il continente africano negli ultimi anni. Dall’inizio della siccità, l’Onu ha lanciato almeno tre appelli internazionali per far fronte alla drammatica situazione in cui versano Kenya, Gibuti, Somalia ed Etiopia. Un’emergenza che ha colpito quasi 13 milioni di persone, per far fronte alla quale sarebbero necessari secondo le Nazioni unite almeno 2,4 miliardi di dollari. Una cifra tutto sommato esigua se spalmata sull’intera comunità internazionale che tuttavia fino ad oggi è riuscita a raccogliere solo il 60 per circa del totale richiesto.
Stando ai dati dell’Ocha, l’ufficio dell’Onu per la coordinazione degli affari umanitari, all’appello manca ancora oltre un miliardo. La somma più alta versata viene dagli Stati Uniti (529 milioni). Una fetta consistente delle donazioni arriva da fondi interstatali: l’Unione europea, ad esempio, ha stanziato 92 milioni, mentre dai privati ne sono arrivati 143. In fondo alla classifica dei donatori si trovano invece l’Italia (8 milioni), la Germania (5), il Lussemburgo (3), la Russia (1) e il Liechtenstein (con soli 124mila euro).

L’appello dell’Onu. A fronte di questa situazione, alla Conferenza dei Paesi donatori organizzata dall’Unione africana ad Addis Abeba i vertici dell’Onu hanno rivolto un invito a tutti i Paesi per aumentare gli sforzi compiuti fino a questo momento. Un messaggio immediatamente rilanciato dal segretario generale Ban Ki-moon: “Abbiamo ancora bisogno di oltre un miliardo di dollari per le nostre operazioni di aiuto. Tutti possono fare la differenza, i governi, le organizzazioni civili e i comuni cittadini. Uniti possiamo salvare una generazione di persone nel Corno d’Africa e contribuire ad assicurare loro un futuro”.

La risposta dell’Unione europea. In risposta all’invito l’Unione europea ha annunciato che aumenterà il volume degli aiuti umanitari da 92 a 158 milioni di euro. “Dodici milioni di persone in Somalia, Kenya, Etiopia, Eritrea e Gibuti hanno urgente bisogno di cibo, acqua e riparo” ha sottolineato l’alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, che ha definito “grave” la situazione e invitato la comunità internazionale a mobilitarsi ulteriormente per “dovere morale”. “Siamo convinti che la stabilità politica e una buona governance siano le condizioni per uno sviluppo sostenibile e un benessere diffuso tra le popolazioni africane - ha aggiunto Ashton -. L’Unione europea si impegna perciò a sostenere programmi che vanno in questa direzione, basati sulla forza delle leggi”.

La situazione in Somalia. In questo momento in Somalia, oltre il 20 per cento delle famiglie sta facendo i conti con una gravissima carenza di cibo. Nel Paese una persona su tre vive in uno stato di malnutrizione acuta, con un tasso di mortalità che raggiunge i 2 decessi al giorno ogni 10mila individui. La mancanza di generi alimentari colpisce soprattutto i bambini: secondo le stime dell’Ocha nelle ultime settimane la malnutrizione infantile è aumentata del 15 per cento. La siccità, causa principale della carestia, ha generato inoltre un’enorme massa di sfollati: 1,7 milioni di somali, un quarto dell’intera popolazione, si sono trasferiti in zone del Paese non ancora raggiunte dalla carestia oppure in Paesi confinanti.

Le previsioni del tempo. In base alle previsioni della Fao, l’Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, nei mesi di ottobre e di novembre la situazione climatica della regione non migliorerà, a causa della continua assenza di precipitazioni nella regione nota come Triangolo di Mandera (la zona al confine di Kenya, Etiopia e Somalia). Fortunatamente nel resto del Corno d’Africa le precipitazioni dovrebbero invece aumentare e il raccolto del primo trimestre del 2012 dovrebbe garantire, se non un miglioramento, almeno lo stabilizzarsi dell’emergenza.

L’appello Unicef. Intanto dall’Unicef, il Fondo delle Nazioni unite per l’infanzia, è arrivato un nuovo appello a mobilitarsi contro la crisi umanitaria in corso, che sta facendo lievitare il rischio di morte per i bambini. Solo nel mese di luglio, l’Unicef ha inviato tramite ponti aerei, via mare e via terra oltre 1.400 tonnellate di aiuti salvavita in Somalia, sufficienti per 66mila bambini.
 
La mobilitazione in Italia. Per quanto riguarda specificamente l’Italia, il network di Agire ha raccolto fino a questo momento 1,6 milioni di euro, dei quali 750mila già distribuiti alle ong operative nel Corno d’Africa.

Jennifer Zocchi