La nuova legge del 15 luglio 2009, n. 94 sugli immigrati, che rappresenta un giro di vite rispetto alla Bossi-Fini, ha introdotto il reato di clandestinità: chi entrerà in Italia irregolarmente verrà punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e poi verrà espulso.
I vecchi Centri di Permanenza Temporanea (CPT) ora sono denominati Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE). In questi saranno trattenuti, fino a un massimo di 180 giorni, immigrati irregolari appena arrivati, richiedenti asilo politico e persone con permesso di soggiorno scaduto.
Nel monitoraggio delle acque italiane, interverranno a fianco di guardia costiera e finanza anche i militari. Le navi della Marina militare svolgeranno compiti di investigazione, controllo e ispezione nei confronti delle imbarcazioni sospettate di trasportare clandestini.
Verrà perseguito penalmente anche chi affitta una casa a un immigrato irregolare. Oltre alla confisca dell’immobile, si rischiano infatti da sei mesi a tre anni di reclusione e una multa da 10.000 a 50.000 euro.
Altro punto riguarda l’attività di money transfer. Molti stranieri hanno l’abitudine di inviare denaro alla propria famiglia rimasta in patria, ma da adesso in poi le agenzie dovranno chiedere e fotocopiare il documento di identità e il permesso di soggiorno di chi spedisce il denaro e, se qualcuno non ne fosse in possesso, verrà segnalato alle autorità. Se le agenzie non rispettano tale norma, rischiano di vedersi revocata l’autorizzazione a trasferire denaro.
Alla luce di alcune di queste novità, gli sbarchi estivi di profughi provenienti dalle coste africane hanno avuto conseguenze ancor più nefaste del passato.
Innanzitutto i soccorsi mancati. Come ha osservato la Dott.ssa Laura Boldrini, portavoce della sezione italiana dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, i pescatori italiani prima dell’entrata in vigore della L. 94/2009 aiutavano le imbarcazioni in difficoltà a raggiungere la costa. Ora, a causa del reato di clandestinità, quegli stessi uomini temono di essere accusati di favoreggiamento. Per lo stesso motivo non coadiuvano più neanche il recupero dei cadaveri a largo.
Le forze dell’ordine erano solite scortare le navi fino alla Sicilia, quando ancora si trovavano in acque internazionali. Durante l’estate del 2009 la “politica dei respingimenti” ha addirittura indotto a riportare i barconi in acque internazionali o vicino alle coste libiche, dove giungono i maggiori flussi migratori dell’Africa.
Solitamente gli immigrati clandestini che raggiungevano l’Italia erano trasportati a terra per l’ispezione, che includeva la loro identificazione, la presentazione degli esami medici e soprattutto, come vuole la Convenzione di Ginevra che l’Italia ha da tempo sottoscritto, la possibilità di inoltrare domanda d’asilo politico o di protezione sussidiaria. All’art.33, co.1 si legge:
“Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”
Fermare in mare gli immigrati, respingerli prima ancora che possano sbarcare, che possano dimostrare di avere il diritto dello status di rifugiato è un’evidente violazione di tale trattato e non solo. È una violenza alla dignità di queste persone, cui viene tolto il più elementare dei diritti: dire il proprio nome.
Elisa Mirabello